2013
Gli ASG provengono dalla North
Caorlina e si formano nel 2001. Il loro è un percorso di lenta maturazione: ci
vogliono dieci anni perché i quattro si facciano notare su larga scala. Nel
2011, infatti, vengono accolti in casa Relapse Records, dove iniziano a
registrare partorendo, due anni più tardi, il disco in questione: Blood Drive.
Il loro nome è un acronimo di
termini non chiari e non definiti – come sostengono i musicisti stessi – e analogamente
può essere considerata la loro musica: vengono definiti i punk dello
psych-stoner. Che detta così mette a dura prova le abilità interpretative di
chiunque.
Finché li si ascolta su disco.
Questo, in particolare, riesce davvero a dare un’idea della descrizione appena
fatta: 12 tracce in cui gli ASG cacciano fuori dei riff degni dei “peggio”
gruppi stoner, quelli intrisi di fuzz e di scale, tinteggiandoli però di una
melodicità che infila il brano in testa, spesso velocizzandolo e incattivendolo
facendo tendere l’orecchio a risvolti punk. La voce sicuramente si erge a vero
e proprio ago della bilancia nell’ondeggiare da un estremo all’altro: la sua
versatilità è infatti notevole riuscendo a passare da uno strillato molto anni ‘90,
ad uno screaming lacerante, passando per un melodico abbassamento drastico di
ottava più caldo ed avvolgente.
Provare per credere:
ascoltando Blues For Bama si rischiano seriamente le lacrime agli occhi per
quanto si viene calati in un’aura malinconica e riflessiva – pur non
rinunciando ai sentori di stoner. Tanto che se si saltasse improvvisamente a
Castlestorm si potrebbe seriamente faticare a credere che questa traccia dal
ritornello in screaming, la velocità punk, l’aggressività hardcore e i riff
stoner, possa essere stata composta dalle stesse menti.
A riequilibrare lo shock
potrebbe intervenire la titletrack, Blood Drive, assolutamente individuabile
come il singolo del disco, grazie alla sua pacca seventies dal ritornello da
colonna sonora di un film. Anche se probabilmente è Hawkeye il pezzo che meglio
condensa la stonericità dei riff con il lampo violento del punk.
Lampo, perché la durata dei
singoli brani è breve – o più canonica, dipende da che prospettiva la si guardi
– mentre le tematiche affrontate tendenzialmente riflessivo-depressive:
entrambi elementi che suggeriscono uno specchietto retrovisore rivolto ai già
citati anni ‘90.
Gli stessi a cui parrebbe
essere ispirata The Ladder, una sad ballad che sembra composta nei dintorni di
Seattle. Così come Children’s Music, che in tutta la propria grassezza declama
i peggiori incubi che minacciano l’infanzia.
Interessante la scelta di
lasciare a Good Enough To Eat il compito di chiudere il lavoro: gli ASG si
congedano con uno sguardo basso e umido, conducendo l’ascoltatore ad una
discesa emotiva dopo tutta la grinta delle tracce precedenti.
Un finale triste, forse? No:
solo un To Be Continued…
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