11 aprile 2014

Live Report: Uncle Acid And The Deadbeats + Black Moth @Bloom, 05/04/2014



E menomale che non  volevano presentarsi dal vivo!
Questa infatti sembrava la linea di condotta dello zio acido con i suoi Deadbeats ai propri esordi.

Invece, a seguito del successo del loro secondo lavoro Blood Lust uscito nel 2011, lo scorso anno con la pubblicazione di Mind Control i quattro hanno ben accolto l'acclamazione generale di poter assistere ad una loro performance dal vivo.
Decidono di continuare nel 2014: al momento è infatti in corso il loro tour europeo partito a metà marzo e che si protrarrà, stando alle ultime conferme, sino a maggio.

La tappa del 5 aprile ha toccato Mezzago, consacrando la loro unica data italiana al Bloom.

Foto di Sara Pasini
La scelta dei Black Moth come opening act ha lasciato una scia di perplessità, constatabile sia dalla (non) presenza di pubblico all'apertura delle porte - ovvero nessuna coda chilometrica al contrario delle aspettative - ma anche dalle reazioni poco convinte degli astanti in sala.
I suoni ci sono, i riff anche, la presenza scenica (per quelli per cui conta) quasi. Originalità e voce: forse bisogna lavorarci.
Per quanto i cinque siano ancora molto giovani stanno avendo non poche possibilità di esibirsi dal vivo, avranno perciò ancora margine di crescita.























Foto di Sara Pasini
All'arrivo sul palco degli Uncle Acid la folla è decisamente più gremita, con una calca consistente nelle prime file dietro alle transenne ed un clima più rilassato nelle retrovie, vicino al mixer.
Locale pieno, insomma, ma non da esplodere.
L'attitudine live dei quattro inglesi è tutt'altro che schiva, non certo da musicisti refrattari al palco: comunicano con il pubblico, annunciano i titoli dei brani, sguardo rivolto verso i fans.
La loro aura di mistero è mantenuta dai lunghi capelli perennemente parati davanti ai volti (ad esclusione del batterista non capellone, che si limita ad esibire in testa una coppola), oltre alla scelta dell'illuminazione, sempre posteriore rispetto ai musicisti, che propone atmosfere monocromatiche rendendoli così delle sagome sul palco.
Un live che scivola via come l'olio, così come i loro pezzi più suadenti che cattivi, sebbene incisivi nella loro cupezza. 
Le teste nel parterre ciondolano, non in maniera scatenata, bensì ondeggiando trascinati dalle sonorità oscuro-psichedeliche che accarezzano, attraversano e mandano in trance.
Altri si lasciano prendere dalle ritmiche seventies ballando e saltellando ad ogni canzone, probabilmente aiutati dall'accelerazione dei tempi di molte di queste.
Una strumentazione classica per una scaletta tratta più che altro dai loro utlimi due dischi, un'esecuzione che non fa prigionieri unite alla capacità di mantenere la propria immagine di musicisti maledetti hanno decretato il successo di un concerto che, stando ai commenti fuori dalle porte, rimarrà per molti indimenticabile.

Foto di Sara Pasini



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