Questa è stata una data lungamente attesa.
Dal 2011 gli Yob non mettevano piede sull’italico territorio – e sul palco del LoFi – e in occasione dell’uscita del loro nuovo album Clearing The Path To Ascend il trio dell’Oregon è tornato finalmente a renderci omaggio, portando con sé una schiera di validi apriporta.
Il tutto possibile grazie all'intervento di Hard Staff e Solo Macello.
Dal 2011 gli Yob non mettevano piede sull’italico territorio – e sul palco del LoFi – e in occasione dell’uscita del loro nuovo album Clearing The Path To Ascend il trio dell’Oregon è tornato finalmente a renderci omaggio, portando con sé una schiera di validi apriporta.
Il tutto possibile grazie all'intervento di Hard Staff e Solo Macello.
Sul nuovissimo palco del club milanese, più grande, più
spazioso e profondo e decorato da schermi tv alle spalle dei musicisti, aprono
questa lunga serata i Kröwnn da Venezia. Una explorer dal tagliente suono heavy
metal si erge sulla duplice presenza femminile: sia al basso che alla
batteria si fa valere, infatti, il gentilsesso, portando sul palco tutta l’anima
heavy che una donna può avere senza necessariamente emulare un uomo. Presenza scenica,
perciò, godibile insieme all’esecuzione che si rivela essere molto più stoner
dal vivo che su disco, ma forse più nella composizione che nei suoni, i quali
richiamano invece il metal classico.
![]() |
Foto di Eugenio Crippa |
![]() |
Foto di Eugenio Crippa |
![]() |
Foto di Eugenio Crippa |
È un piacere per gli occhi e per il cuore vedere la sala gremita
già dai primi opening act. Peccato che questo accada solo per eventi
così particolari in Italia, mentre sarebbe un panorama decisamente più
costruttivo se il supporto fosse tale in ogni singola occasione.
Cambio palco. Stanno ancora accordando che già si sentono i commenti "sono fighi...questi nel panorama sono proprio fighi!". Sono i Pallbearer, i compagni di tour degli Yob.
Dimostrano subito chi sono: delay etereo su arpeggi romantici, distorsione potente su accordature più che abbassate e voce paradisiaca. Il connubio tra una flying V, una telecaster e un basso piumato, questo il suono degli americani, che alzano la temperatura del locale, richiamano applausi e grida compiaciute.
Il palcoscenico è in fiamme, il clima incendiato e il pubblico in delirio. Precisione e pulizia dei suoni sfidano i volumi nel frattempo alzati, ma non richiedono alcuna staticità per la loro esecuzione.
Cambio palco. Stanno ancora accordando che già si sentono i commenti "sono fighi...questi nel panorama sono proprio fighi!". Sono i Pallbearer, i compagni di tour degli Yob.
Dimostrano subito chi sono: delay etereo su arpeggi romantici, distorsione potente su accordature più che abbassate e voce paradisiaca. Il connubio tra una flying V, una telecaster e un basso piumato, questo il suono degli americani, che alzano la temperatura del locale, richiamano applausi e grida compiaciute.
Il palcoscenico è in fiamme, il clima incendiato e il pubblico in delirio. Precisione e pulizia dei suoni sfidano i volumi nel frattempo alzati, ma non richiedono alcuna staticità per la loro esecuzione.
Il livello di soddisfazione è incredibile fino a questo
momento.
Prima che la soddisfazione si tramuti in viaggio
extracorporeo, multisensoriale ma al contempo annichilente delle umane volontà.
![]() |
Foto di Eugenio Crippa |
Il trio dell’Oregon sale sul palco, sistema tutto a
puntino, Mike Scheidt appoggia gli occhialini alla John Lennon e imbraccia
la propria chitarra di liuteria dalla forma inconfondibile, mentre Aaron
Rieseberg pare aver abbandonato il precedente Thunderbird per convertirsi al
più acclamato Rickenbacker.
![]() |
Foto di Eugenio Crippa |
La concentrazione è alle stelle, una semi compostezza
quasi tesa aleggia sul palco per rendere l’esibizione il più accurata
possibile. Traccia del vecchio Mike, quello che si piega a metà all’altezza del
bacino mentre suona, con gli occhi ribaltati all’insù per l’estasi provata dal
riprodurre la sua stessa musica, si trova a concerto ultimato, quando la band
concede agli astanti un ultimo pezzo, Adrift In The Ocean.
Fino a quel momento si consuma un vero e proprio rituale
sul palco del LoFi, dove note, sguardi, movimenti sono tutti calibrati per
mandare il pubblico in stato di confusionale ebbrezza, percorrendo strade di un
mondo parallelo, straniero ma familiare allo stesso tempo.
L’intera esibizione è musicalmente pesante e lenta in rimbombi
e bassi sciamanici, dove la versatilità vocale di Scheidt lascia a dir poco
spiazzati per gli alti livelli raggiunti. Intrisa di spiritualità anche la gestualità di Mike che saluta con le mani giunte sopra la testa alla fine
di ogni brano e che ad un certo punto inizia a premere su di sé i punti corrispondenti
ai diversi chakra.
Il pubblico è ipnotizzato ed ammaliato e, alla
conclusione, non si sente partecipante che non dica di sentirsi “sballato”
dalla performance appena svolta.
![]() |
Foto di Eugenio Crippa |
[il Report intero dell'esibizione degli Yob sul prossimo numero di Misery Purple]
Nessun commento:
Posta un commento